mercoledì 22 maggio 2013

Krugman contro i professori nostrani

Sotto accusa l’austerità targata Bocconi


Paul Krugman colpisce ancora. Nella sua crociata contro l’austerità da tempo critica il bocconiano Alberto Alesina, co-autore – ricordiamo – del libro “Il liberismo è di sinistra” insieme ad un altro grande luminare che proviene da queste parti, Francesco Giavazzi.
Negli ultimi mesi Krugman ha ripetutamente criticato un paper di Alesina e Silvia Ardagna che avrebbe fornito una sorta di base teorica per le azioni della Bce in questi anni. In estrema sintesi, la linea di Alesina sembra puntare tutto sulla riduzione del deficit e liberalizzazioni, necessarie – a suo dire – per porre le basi per la crescita.

A nostro avviso la campagna di Krugman è importante, perché rappresenta una delle poche voci forti sui media contro il ritornello che bisogna “mettere a posto i conti”per far ripartire l’economia. Mostra giustamente che le ricette dell’austerità hanno provocato solo danni, puntando il dito in modo particolare contro la situazione in Europa.
Tuttavia, come abbiamo scritto qualche tempo fa, la sua visione rimane limitata, e lo porta a sostenere un aumento della liquidità senza il criterio fondamentale della distinzione tra investimenti produttivi e quelli speculativi.






In questi giorni i “Bocconi boys“, sotto tiro da parte di Krugman, un po’ se la sono presa. A partire dall’ex rettore Guido Tabellini, che definisce “una sciocchezza” l’idea che la Bocconi sia la scuola dell’austerity.
Lo stesso Alesina si difende dicendo che “C’è austerity e austerity, in troppi usano questa parola come un termine pigliatutto“. Per l’ex Bocconi, ora docente a Harvard, serve sì l’austerità, ma soprattutto con tagli alle spese, non aumenti delle tasse.
Prende ad esempio l’America, dicendo che l’Italia avrebbe dovuto “tagliare le spese e [rimettere] a posto il sistema bancario, come è stato fatto negli Usa”.

Alesina si vuole distinguere anche dalla politica di Mario Monti, e respinge le accuse mosse alla Bocconi, parlando di “visioni molto diverse tra loro” all’interno della stessa. 
Ora, sarà sicuramente vero che non tutti i docenti della Bocconi seguono la stessa idea – vero, lo sappiamo per esperienza diretta – tuttavia quando il Presidentedell’Ateneo diventa il Premier tecnico, e i prodotti del prestigioso istituto milanese vanno in giro per il mondo a proporre le loro ricette iper-liberiste, una qualche associazione si dovrà ammettere. Non vi vergognerete mica della vostra competenza, signori?

Ma tornando al contenuto, seppur esposto in forma sommaria qui, dovrebbe colpire il fatto che Alesina prende ad esempio gli Usa. Infatti mentre in termini di PIL gli Stati Uniti crescono, la realtà è che l’economia americana non si è mai ripresa dalla crisi scoppiata nel 2007-2008. Il mercato finanziario sì, infatti la bolla dei derivati è sempre più grossa, e un po’ di briciole entrano in circolo, provocando un’apparente ripresa in alcuni settori.

Ma negli Stati Uniti la classe media sta sparendo, la disoccupazione è ancora molto alta (e spesso non contata in modo veritiero, in quanto i delusi che non cercano più lavoro non sono considerati dalle statistiche); e i lavori nuovi che vengono creati pagano la metà di quelli di prima. Chiedetelo agli operai nel settore automobilistico.
E per capire i forti tagli alla spesa che sembrano piacere tanto ad Alesina dobbiamo guardare il cosiddetto “Sequester“, cioè i tagli lineari automatici entrati in vigore due mesi fa.
Il Sequester fu inventato nel 2011 dall’Amministrazione Obama come metodo per costringere i partiti a trovare un accordo per tagliare il deficit. Pensando di mostrarsi come “responsabile” sulla spesa pubblica il presidente ha promosso l’idea che i tagli proposti sarebbero così drastici – sia sulla spesa sociale sia su quella militare – che democratici e repubblicani avrebbero per forza trovato un accordo per evitarli.
Peccato che quando è scaduto il termine all’inizio di quest’anno, i repubblicani avevano appena subito una sconfitta notevole e non erano per niente disposti a scendere a patti. Dunque hanno pensato che l’unico modo di portare a casa dei tagli alla spesa era di abbracciare proprio il Sequester. Nel frattempo cosa importa a loro di qualche disoccupato in più?
Così ora vengono eliminati gli aiuti alimentari per i poveri, molti lavoratori pubblici vengono licenziati o sospesi, e perfino centri specializzati nelle cure per il cancro sono costretti a respingere i pazienti.

Ti piacciono questi tagli alla spesa, Dr. Alesina?

Certo, il nostro Prof. dirà che bisogna ridurre le spese inutili. Magari intende le spese della politica, prese a bersaglio da tutte le parti nell’ultimo periodo. Ma vediamo quanto incidono questi enormi sprechi. Ecco un grafico che è stato pubblicato qualche tempo fa: 

Non siamo andati a controllare i numeri, ma le proporzioni ci sembrano verosimili. Al massimo qualche miliardo se eliminiamo le province e riduciamo i parlamentari – proposta rispettabile quest’ultima, ma decisamente inutile nell’ottica più grande.
Piuttosto vediamo che i soldi già versati ai fondi di salvataggio europei, e dunque per le banche straniere che pretendono di rivedere il 100% e più dei loro investimenti speculativi, già vanno molto oltre i risultati delle tanto decantate riforme dello Stato. Per non parlare delle prospettive decisamente catastrofiche del Fiscal Compact, che costringerebbe l’Italia a tagliare 45 miliardi in più ogni anno. Rimandiamo al nostroFiscal compact e MES: la follia continua (ma sottovoce)http://nobigbanks.it/2012/07/13/fiscal-compact-e-mes-la-follia-continua-ma-sottovoce/

Utilizziamo ancora il condizionale, perché nonostante il credo filosofico di Alesina e i suoi simili, non pensiamo sarà possibile stremare la popolazione italiana in questo modo senza provocare una forte reazione. Finora abbiamo visto solo una rivolta nelle elezioni, con molti che hanno voluto mandare un segnale ai politici, nel contesto di una crisi che continua a peggiorare. 
E se a Roma continuano ad andare avanti come se niente fosse, come se l’importante fosseposizionare il proprio gruppo per rimanere in sella piuttosto che affrontare i problemi veri?

Il discorso tocca anche il Governo, che ora viene chiamato a negoziare la posizione italiana in Europa. Si parla di incentivare la crescita, liberare delle risorse per dare un po’ di respiro all’economia. Ma se la prospettiva è solo di sbloccare qualche miliardo per una boccata d’ossigeno temporanea, cambierà ben poco. 
Ciò che si deve capire a livello internazionale è che la politica dell’austerità è un fallimento, fino in fondo. L’economia non riparte né con il pareggio di bilancio né con le liberalizzazioni che mirano a portare più fieno ai mercati speculativi.
Si può dire a voce bassa o a voce alta, ma nella sostanza si deve cambiare direzione. Occorrono investimenti per l’economia reale e una regolamentazione ferrea della finanza speculativa, a partire dalla separazione bancaria. Altrimenti si rischia di rivedere scenari da anni Trenta, magari in qualche altra forma, ma sempre a danno dei più, mentre una ristretta oligarchia tenta di mantenere il proprio controllo.

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Salviamo la Gente. Riformiamo le Banche. Processiamo i Banchieri. Ristabiliamo la Legge Bancaria del 1936 abolita nel 1993.

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