sabato 25 maggio 2013

Microchip: "ci semplificano la vita", è lo slogan diffuso per naturalizzare nell'opinione pubblica l'idea che sia meravigliosamente utile farseli installare addosso. Si sorvola, ovviamente, sul fatto che con un chip (sottopelle o in tasca) possiamo essere controllati totalmente, fin nei nostri pensieri. Così scrivevo anni fa ed è sempre più attuale...

Chip sottopelle? L’Authority per la privacy lo giudica inammissibile, eppure... 


Un'occhiata alle notizie rivelatrici della devastazione programmata - di Simonetta Castellano su www.chiesadomestica.net 31.1.2007

La notizia è di Ign-AdnKronos: Chip sottopelle? "Intanto lo teniamo in tasca e ci semplifichiamo la vita". Negli stati Uniti tra i giovani è trendy farsi installare piccolissimi microcircuiti che permettono ai sensori posti dietro la porta di casa di riconoscerti e farti entrare. In una discoteca spagnola i clienti entrano senza passare dalla cassa. A riconoscerli è sempre un chip indossato sotto la pelle. (Adnkronos - 29.1.2007)

"Ci semplifichiamo la vita" è lo slogan diffuso per naturalizzare nell'opinione pubblica l'idea che sia meravigliosamente utile farsi installare addosso i microchip. Si sorvola, ovviamente, sul fatto che con un chip (sottopelle o in tasca) possiamo essere controllati totalmente, fin nei nostri pensieri.

E così nei media giù con espressioni entusiastiche di ogni genere per conquistare tutte le nostre simpatie al microchip con cui l'oligarchia tecnocratica, che si è affermata ai vertici del potere mondiale, ci dominerà, anche mentalmente. 

Un chiaro esempio dello stile di comunicazione adottato sull'argomento microchip si trova

in questo articolo della AdnKronos: "tra i giovani è trendy farsi installare piccolissimi microcircuiti", "risparmiandosi la fatica di inserire password", "niente chiavi dunque ma solo una mano che si avvicina all'uscio", "i clienti entrano senza passare dalla cassa", "impazza la Radio Frequency IDentification (RFId) la tecnologia hi-tech da impiantare: che permette il riconoscimento automatico di persone, ma anche oggetti e animali.". 

Che meraviglia, insomma, questo mondo nuovo, con il superuomo bionico imbottito di microchip che gli consentono di non fare più nessuna delle noiose fatiche quotidiane necessarie per muovere le braccia, le gambe, la bocca e tutto il resto per compiere i soliti gesti ripetitivi della vita ...

Addirittura - ci informano - si "sta cercando di far dialogare sistema nervoso e silicio in modo tale da trasmettere direttamente i comandi cerebrali in maniera digitale". Fantastico, così quando i nostri pensieri saranno direttamente veicolati in circuito digitale, l'autorità che possiede i bottoni di comando sarà in grado di interagire deliziosamente con la nostra mente e ci potremo finalmente risparmiare anche l'ultima fatica: quella di pensare. 

E, chiaramente, non appena sarà stata messa a punto questa estrema possibilità della tecnica, ci vorrà poco a spiegarci che ne è indispensabile l'adozione in massa per il bene della società umana e che il diritto alla privacy deve essere sacrificato, poichè si sa, non si può pretendere di fermare il progresso dell'umanità e non si può ancorare l'idea dell'uomo a quello che è stato nel passato o a quello che le irrilevanti leggi naturali definiscono.

C'è da scommettere che verremo ampiamente istruiti sui notevoli vantaggi che l'adozione di una simile tecnologia mentale comporterà per la "società", come ad esempio la garanzia dell'eliminazione definitiva di ogni conflitto sociale: poiché il circuito digitale mentale globale si incaricherà, dietro regolare autorizzazione legislativa, di far circolare nella mente di tutti i cittadini del mondo le stesse idee, discusse nel parlamento delle nazioni unite e opportunamente stabilite per legge. Infernale.

Ecco l'articolo integrale della AdnKronos, tutto da leggere.

L'ARTICOLO INTEGRALE DELLA ADNKRONOS

(Adnkronos - 29.1.2007) - E' il momento dell'uomo bionico o il chip sottopelle è soltanto la moda del momento che svela una nuova tecnologia che con le mode ha poco a che fare? 

Negli stati Uniti - racconta la Rete - tra i giovani è trendy farsi installare piccolissimi microcircuiti che permettono ai sensori posti dietro la porta di casa di riconoscerti e farti entrare. Niente chiavi dunque ma solo una mano che si avvicina all'uscio. 
Un giovane canadese addirittura nel suo blog racconta di due impianti e della sua ragazza che ha fatto lo stesso, risparmiandosi la fatica di inserire password sui personal computer. 

Oppure, è il caso di una discoteca spagnola: lì i clienti entrano senza passare dalla cassa. A riconoscerli è sempre un chip indossato sotto la pelle. In Gran Bretagna poi, Kevin Warwick, uno dei pionieri di queste ricerche, sta cercando di far dialogare sistema nervoso e silicio in modo tale da trasmettere direttamente i suoi comandi cerebrali in maniera digitale. 

Impazza insomma la Radio Frequency IDentification (RFId) la tecnologia hi-tech da impiantare: che permette il riconoscimento automatico di persone, ma anche oggetti e animali. 

In sintesi un microchip che contiene dati (tra cui un numero univoco universale scritto nel silicio) e una antenna che permette di ricevere e di trasmettere con radiofrequenze i dati. Una carta di identità sempre a vista, indistruttibile e a prova di truffe. 

E che domani secondo i profeti del cyborg potrebbe fare chissà cosa grazie a tecnologie come l'RFId. 

Interrogativi a cui Giovanni Miragliotta, l'ingegnere a capo dell'Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, che si occupa del monitoraggio del mondo italiano dell'RFId, preferisce però rispondere con grande cautela: ''Perché sono cose che colpiscono, ma è roba da fantascienza. Mentre noi siamo ingegneri. E ci sembra già un grande passo in avanti quello di potersi liberare dalla necessità dell'identificazione ripetitiva che contraddistingue il nostro quotidiano''. 

L'ingegnere del Politecnico spiega a Ign, testata on line del Gruppo Adnkronos, gli obiettivi attuali della RFId: ''Piuttosto che l'applicazione del chip sottopelle, su cui personalmente ho delle riserve, credo che l'RFId possa invece permettere di migliorare la qualità della vita''. 

Cioé, facendo un esempio: ''Quando mi reco in Comune per avere dei certificati, se ho un chip in una carta che tengo nel taschino potrei riuscire a non avere più bisogno della compilazione di tanti moduli, che mi chiedono sempre le stesse informazioni, per esempio anagrafiche, e rivolgermi direttamente allo sportello per ottenere ciò che mi serve''. 
Questo, aggiunge l'ingegnere del Politecnico, ''è quello che intendo per liberarsi dalla 'ripetitività della identificazione'''. 
''E questo vale in Comune, ma anche in tantissimi altri posti: dall'ospedale ai mezzi del trasporto pubblico. 

In Italia l'RFId è sviluppato, e ci sono, restando al sistema dei trasporti, a Brescia e a Milano, solo per citare due casi, già abbonanamenti che permettono il riconoscimento del titolare che viaggia tramite chip basati sulla tecnologia RFId''. 

Tornando al discorso del chip sottopelle, che la stessa Authority per la privacy ha giudicato inammissibile, Miragliotta ricorda come ''in Italia c'era stato un progetto ospedaliero che prevedeva, in accordo con il Garante per la protezione dei dati personali, l'inserimento di chip nei tessuti per una categoria di malati, quelli in stato di incoscienza''. Ma anche in questo caso ''il progetto è rimasto sulla carta''. 

Al di là delle realtà più di frontiera, più legate a cibernetica e uomo bionico, più da film che da laboratorio (attuale), Miragliotta punta l'attenzione sugli usi che già vengono fatti in Italia delle RFId. 

L'Osservatorio del Politecnico infatti fa un monitoraggio continuo delle applicazioni. Presenti nel settore manufatturiero, dove permettono di 'taggare' i prodotti in lavorazione, e in quello agricolo, dove invece i chip permettono di identificare e raccontare la storia dei capi d'allevamento. 
Oppure ancora alcune stazioni sciistiche che danno ai loro clienti card con chip che permettono risalite e discese''. 

Oltre al monitoraggio l'Osservatorio analizza con le aziende interessate i casi d'uso di questa tecnologia, aiutando i manager a scegliere le strategie. ''Come nel caso della Dafne, consorzio farmaceutico che sta valutando con noi RFId per controllare i carichi di farmaci in lavorazione''. 
Una tecnologia che è di buon livello, in alcuni casi già utilizzata a regime, ma non ancora all'altezza degli Stati Uniti e del Giappone, dove le tecniche di identificazione col chip sono già più diffuse e soprattutto vengono associate alla possibilità di micropagamenti. 

''Negli Usa e in Giappone chi dispone del chip può fare anche dei micropagamenti che utilizzano il conto corrente di chi è già stato identificato correttamente dalla tecnologia a radiofrequenze. Ma si tratta -aggiunge- di realtà ancora sperimentali che avranno bisogno di tempo per essere messe a punto e diventare veramente utili''. (Adnkronos