Lavori? Ti pago in natura: beni e servizi, anziché soldi - da libreidee 29/6/13
«L’Italia ora è virtuosa e rispettata» – dicono ai bimbi scemi – ma Pil, domanda interna, occupazione e investimenti vanno a fondo. Il governo dice che occorre una cura-shock per rilanciarli, per abbattere il cuneo fiscale e le tasse sul lavoro, ma non ha i soldi per farlo. Allora, in attesa di un’impossibile solidarietà tedesca (o europea, che dir si voglia), o si mette a stamparli, uscendo dall’euro, oppure li rapina dai conti correnti e in generale dal risparmio dei cittadini, deprimendo ulteriormente la domanda e aumentando la fuga delle aziende. Fortunatamente vi è una terza via: il governo istituisca di corsa un banco, un consorzio, un’agenzia nazionale o più agenzie regionali che organizzino il pagamento (parziale) del lavoro dipendente (e magari anche autonomo) mediante vouchers, ossia diritti di prelievo su un monte di beni e servizi messi a disposizione da imprese private e da enti pubblici.
Un mercato regolamentato e controllato di baratto multilaterale che genera e usa i “buba”, buoni-baratto. Il datore di lavoro paga il dipendente, in parte, con un voucher spendibile per l’acquisto su una grande varietà di beni e servizi messi a disposizione di tutte le aziende che partecipano. Concetto analogo – ma sviluppato – ai noti tickets per i ristoranti, che sono spendibili anche al bar e al supermercato, e dati in base ai giorni lavorati. Giuridicamente, sono titoli di credito ad ottenere beni o servizi, quindi non sono moneta. Hanno circolazione pattizia e non forzosa (non imposta dalla legge). Quindi sono compatibili con Maastricht e tutto il resto. Il voucher ovvia all’inconveniente del baratto, ossia che se tu ed io vogliamo fare un baratto dobbiamo avere contemporaneamente da scambiare beni del medesimo valore e che interessino a entrambi.
Praticamente il governo, se non ha le palle per rompere con l’Eurosistema, invece di rapinare la gente, organizzi e garantisca un sistema di permute di lavoro e beni/servizi. I vouchers possono essere modulati su esigenze diversificate: ad esempio, possono comprendere o no, a seconda che il lavoratore ne abbia o no bisogno, l’alloggio o l’autovettura. In tal modo si consentirebbe ai lavoratori di soddisfare le loro esigenze vitali, e alle imprese di collocare i loro prodotti e servizi. Si sosterrebbero domanda e consumi, abbattendo i costi e il cuneo fiscale, perché i vouchers avrebbero un trattamento di vantaggio.
In tal modo si creano mezzi di pagamento esattamente corrispondenti a beni e servizi reali (compreso il lavoro), quindi mezzi di pagamento non inflativi, sostitutivi del liquido mancante nel sistema, che vanno ad aumentare gli scambi e a consentire i pagamenti dei debiti anche fiscali e previdenziali, prevenendo insolvenze, fallimenti, emigrazioni, licenziamenti, delocalizzazioni, riducendo il fabbisogno di credito bancario (che ora non viene erogato per mancanza di liquidità, appunto), e stimolando consumi e investimenti, nonché provvedendo a cibo, vestiario, mobilia, alloggio e trasporto per la gente. Senza rubare altri soldi ai cittadini e fermando l’avvitamento fiscale in atto. E favorendo, ovviamente, i produttori locali e nazionali.
Ricordo che sono 20 mesi che la produzione cala. Non prendere misure idonee, cioè di ricostituzione della disponibilità monetaria, dimostrerebbe definitivamente una volontà distruttiva dei governanti verso il paese, che li qualificherebbe come nemici pubblici a tutti gli effetti. Se politicanti e istituzioni sono troppo incapaci o asserviti agli interessi stranieri per fare quanto sopra, si muovano i sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro.
(Marco Della Luna, “Un banco del lavoro e dei prodotti per salvare l’economia”, dal blog di Della Luna del 12 giugno 2013).